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In questo libro di saggi, Micla Petrelli esplora il tema dell'identità riscoprendo esperienze esemplari di spersonalizzazione biografica, stilistica, estetica che nel corso del Novecento hanno contribuito a reinventare le forme della scrittura e dell'immagine. In tal senso, l'autrice mostra come taluni processi espressivi, nel momento in cui vengono affidati alla parola - alla lingua -, "progettano" il nostro io, orientano la percezione di sé, la memoria, e attivano la capacità tutta visiva della scrittura di allestire spazi interiori, di produrre immagini diffratte dell'io, dislocare lo sguardo, figurare il proprio volto. Gli autori indagati, per i quali le "prese di distanza" e i "ricongiungimenti" sperimentati sulla pagina si confondono con quelli vissuti nelle storie personali di migrazione e di dépaysement psicologico, alimentate, queste ultime, dal sentimento del pudore, della noia, o della nostalgia per ciò che non è mai stato, sono: Fernando Pessoa, Clarice Lispector, Luis Cernuda, Antonio Delfini. Gli apporti teorici provengono dalla fenomenologia, dalla psicologia della percezione, dagli studi di linguistica e retorica, e dalle voci eterodosse di filosofi-scrittori come José Ortega y Gasset, María Zambrano, Octavio Paz, Paul Valéry, Édouard Glissant.